L’incessante attività delle Autorità Giudiziarie
Il sequestro e la confisca dei beni rappresentano una delle manifestazioni più evidenti e concrete dell’incessante lotta delle Autorità italiane contro l’illegalità e la criminalità organizzata. Questo processo non solo sottrae risorse economiche fondamentali alle organizzazioni criminali, indebolendone il potere e l’influenza, ma segna anche una vittoria simbolica nella battaglia per la legalità.
Il patrimonio di beni materiali e immateriali che ne deriva cresce di anno in anno, in numero e in valore, mantenendo il suo carattere di eterogeneità – elemento quest’ultimo sintomatico della pervasività delle attività illegali nel nostro Paese.
Basti pensare che negli ultimi 5 anni le Autorità Giudiziarie hanno confiscato o sequestrato oltre 86mila beni (in media 50 al giorno), senza che, almeno stando ai numeri, la pandemia ne intralciasse l’operato (nel 2020 il numero di beni iscritti nei provvedimenti è aumentato del 6% su base annua).
Solo un bene su due viene destinato
La confisca rappresenta un primo passo fondamentale per il recupero di un bene e il suo reinserimento nell’ambito della legalità. Tuttavia, il percorso che un bene confiscato segue è estremamente lungo e complesso, rendendo la riqualificazione e valorizzazione del patrimonio sequestrato tutt’altro che scontata.
Degli oltre 47mila immobili e aziende confiscate dall’Autorità Giudiziaria solo poco meno della metà (52,2% del totale) giunge al termine dell’iter legislativo e viene effettivamente destinato.
*In Gestione – sono beni sottoposti a confisca anche non definitiva, quindi ancora in attesa di giudizio a seguito di impugnazione o ricorso. Dalla confisca di secondo grado, i beni passano nella gestione diretta dell’Agenzia nazionale. Fino a quel momento, sono gestiti da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.
**Destinate – questa categoria di beni confiscati è giunta al termine dell’iter legislativo, dalla confisca fino appunto alla destinazione. Fanno parte di questa categoria, dunque, i beni trasferiti ad altre amministrazioni dello Stato, per finalità istituzionali o usi governativi, o ai Comuni (o alle Regioni, alle città metropolitane o alle Province), per scopi sociali. La destinazione non implica automaticamente l’avvenuto riutilizzo sociale. Sono frequenti, purtroppo, i casi in cui, in particolare gli Enti Locali, sebbene i beni siano stati trasferiti al loro patrimonio indisponibile, non riescono a garantire un tempestivo riutilizzo per finalità sociali
Le Aziende destinate operano prevalentemente nel settore delle costruzioni e del commercio, che cumulativamente rappresentano il 44% del totale. Seguono, a distanza, le attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese; altri servizi pubblici, sociali e personali; alberghi e ristoranti.
Oltre il 90% delle Aziende e degli Immobili destinati si concentra in sole 6 Regioni, tra cui svetta la Sicilia (38,6% del totale, l’11% solo a Palermo), seguita da Campania, Calabria, Puglia, Lombardia e Lazio.
Un Immobile destinato su due è un appartamento in condominio o un terreno agricolo, anche se il patrimonio immobiliare include edifici di ogni genere (ville, magazzini, alberghi e perfino palazzi di pregio artistico / storico).
Oltre a rappresentare solo una quota parte dei beni confiscati, la destinazione non è di per sé sinonimo di riutilizzo: il 6% delle Aziende e degli Immobili confiscati viene, infatti, posta in liquidazione; una percentuale analoga rimane nelle disponibilità dello Stato, mentre il 40% viene trasferito al patrimonio degli Enti territoriali.
Inoltre, il trasferimento agli Enti territoriali non implica automaticamente l’avvenuto riutilizzo sociale. Sono frequenti, purtroppo, i casi in cui, in particolare gli Enti Locali, sebbene i beni siano stati trasferiti al loro patrimonio indisponibile, non riescono a garantire un tempestivo riutilizzo per finalità economiche o sociali.
I protagonisti della filiera
Seppur tra mille incognite e con tempistiche lunghe (5 anni in media secondo Confcooperative) una parte dei beni confiscati in via definitiva torna ad alimentare il circuito della legalità. Ed è in tale frangente che entrano in gioco i soggetti che si assumono l’onere di riqualificare il bene e valorizzarlo.
Parliamo di un ecosistema di un migliaio di soggetti, estremamente ricco e variegato dal punto di vista della localizzazione geografica, natura giuridica ed attività.
Il 70% opera nelle Regioni del Mezzogiorno, ma non mancano realtà del Nord e del Centro (rispettivamente 23% e 7% del totale);
Accanto alle Associazioni, che rappresentano oltre la metà dei soggetti, troviamo un’amplia rappresentanza del mondo delle Cooperative (oltre 200, con 3mila persone occupate e 100 milioni di € di fatturato) e di altri protagonisti del tessuto sociale, economico e culturale italiano (Enti ecclesiastici, ATS / ATI, Fondazioni private e di comunità, Società e Associazioni sportive, Comunità, Enti di formazione e Ordini Professionali);
La valorizzazione dei beni in gestione passa per lo più attraverso lo svolgimento di attività legate al mondo del welfare e delle politiche sociali (37% dei soggetti), alla cultura e al turismo (20%), all’utilizzo come sede dell’attività associativa (15%) o per avviare iniziative legate all’agricoltura, all’ambiente, produzione e lavoro
Coop & Libera Terra
È in questo contesto che si è formato e rafforzato nel tempo il binomio tra Coop e Libera, guidato dall’obiettivo comune di contribuire attivamente alla valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità attraverso azioni concrete. Queste due realtà hanno unito le forze per trasformare i beni sottratti alle mafie in risorse utili per la comunità, promuovendo progetti di recupero e riqualificazione che generano valore economico e sociale-culturale.
Il valore complessivo dei prodotti di Libera Terra venduti da Coop ha superato nell’ultimo anno i 2,7 milioni di €, con un paniere sempre più ricco (biscotti, conserve di verdure, pane e sostitutivi, conserve, farina, uova, olio etc.) che ogni giorno arrivano nelle tavole di milioni di consumatori italiani.
Nell’edizione del 2023 l’iniziativa “Estate Liberi” ha coinvolto oltre 3.000 partecipanti, soprattutto giovani e giovanissimi (77% under-25), alla loro prima esperienza in un campo di impegno sociale (57% dei partecipanti) e pienamente soddisfatti (valutazione media 4,3 su 5).
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)