Un mare piccolo che custodisce un grande tesoro. Questo è il Mar Mediterraneo, una superficie di acqua che raggiunge meno dell’1% del totale dei mari del pianeta, ma che custodisce circa l’8% delle specie della Terra, per altro molte endemiche cioè originarie di quest’area.
Centro di commerci sin dal quando l’uomo ha memoria di navigazione, oggi ospita anche una vera e propria economia, generata sia dai Paesi che vi si affacciano che dalle innumerevoli navi che lo solcano giungendo attraverso Gibilterra, Bosforo e Suez.
Ma è proprio questa sua ricchezza di presenze, a metterne in crisi l’ecosistema. L’azione antropica infatti compromette ogni giorno di più la perpetuazione di fauna e flora dell’area, tanto che alcune specie sono già dichiarate a rischio estinzione se non addirittura scomparse.
Una situazione che assume sempre più il carattere di emergenza soprattutto se si butta un occhio ai numeri che raccontano ed esemplificano la vita del Mar Mediterrane.
Tesoro di vita e risorsa economica
Con una superficie complessiva stimata in 2.9 milioni di Kmq il Mar Mediterraneo rappresenta solo una minima parte della superficie complessiva dei mari e degli oceani del Pianeta (appena lo 0,8% del totale). Nonostante la sua dimensione relativamente piccola, viene considerato da sempre un “hotspot” della biodiversità: ospita, infatti, circa 17mila specie animali (pesci, uccelli, rettili, mammiferi etc.) e vegetali (8% delle specie mondiali), di cui un terzo endemiche (il più alto tasso di endemismo in assoluto a livello globale).
Contributo del Mar Mediterraneo
Ma l’importanza del Mar Mediterraneo va ben oltre la biodiversità: per le Nazioni che si vi si affacciano e non solo rappresenta, infatti, un’importante risorsa economica: si stima che la cosiddetta “Blue Economy” o economia del mare per l’UE valga oltre 180 miliardi di euro di cui il 13% generato dall’Italia, al terzo posto nel ranking europeo. Una centralità, quella dell’Italia, trasversale ai settori economici, con un contributo in termini relativi che varia dall’8% nelle attività portuali (5° posto nell’UE), al 19% della cantieristica navale e riparazioni (3° posto nell’UE).
Contributo dell’Italia alla Blue Economy dell’UE (Valori percentuali su totale valore aggiunto del comparto nell’UE27)
- Cantieristica - 19%
- Risorse non biologiche - 16%
- Trasporto marittimo - 14%
- Risorse biologiche marine - 14%
- Turismo costiero - 13%
- Attività portuali - 8%
Un Mare sotto pressione
Oltre ad essere considerato un “hotspot” della biodiversità il Mediterraneo è tristemente noto per essere uno dei mari maggiormente sotto pressione al Mondo, sotto diversi punti di vista.
Nei Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo vivono circa 450 milioni di abitanti, più di un terzo dei quali nelle zone costiere (34% in Italia con i suoi 20,5 milioni di abitanti in poco più di 1.100 Comuni). Una pressione demografica che è cresciuta sensibilmente rispetto al passato (gli abitanti erano 246 milioni nel 1960) e che, secondo le previsioni, dovrebbe continuare a crescere anche in futuro (nel 2100 potrebbe raggiungere i 700 milioni, +55% rispetto al 2023 e +184% rispetto al 1960).
La quantità di plastiche che ogni anno fluisce nel Mar Mediterraneo è stimata in circa 230mila tonnellate, pari al 13% circa della totalità di quelle immesse nei mari a livello globale (1,7 millioni di tonnellate). La percentuale maggiore (94%) è costituita da macroplastiche (oggetti di dimensioni superiori a 5 millimetri come bottiglie, sacchetti, flaconi, contenitori, tubi, etc.), mentre il residuo 6% è rappresentato da microplastiche (frammenti più piccoli di 5 mm di fibre e tessuti sintetici, pneumatici, imballaggi, granuli di plastica industriali etc.) derivano prevalentemente da consumo di pneumatici (53%). Uno scenario allarmante nel quale l’Italia ha una parte importante di responsabilità: secondo recenti stime (report IUCN), Egitto, Italia e Turchia sono i Paesi che contribuiscono di più all’inquinamento da plastica del Mar Mediterraneo. Insieme sono responsabili della dispersione di circa il 50% dei rifiuti plastici che finiscono in mare (132mila tonnellate/anno).
Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura nella regione marina del Mediterraneo sono presenti attualmente 820 specie a rischio, per lo più marine (87,9% del totale), di cui 87 particolarmente vulnerabili o in via di estinzione. Le cause, secondo la stessa fonte, sono da ricondurre all’azione umana, tra cui l’attività ittica (74% delle minacce), lo sviluppo residenziale e commerciale e l’inquinamento (rispettivamente 15% e 11% delle minacce). Secondo un altro studio, condotto da MedReAct, il 40% delle specie di squali e razze presenti nel Mar Mediterraneo è a rischio di scomparsa e, negli ultimi cinquant’anni, già 13 specie si sono estinte.
Il Mar Mediterraneo attrae un numero sempre maggiore di turisti. Gli arrivi internazionali nei Paesi che vi si affacciano, che nei primi anni Novanta era inferiore a 200mila, prima dell’inizio della pandemia aveva superato la soglia dei 700mila (742mila nel 2019) e, dopo un calo drastico nel 2020, è tornato a crescere con un balzo in avanti nel 2022 (595mila, +148% rispetto al 2020). Si stima che a livello globale nell’area del Mediterraneo si concentri il 35% dei viaggi internazionali e il 20% dei posti letto delle strutture ricettive.
Tutto questo ha però un costo in termini di inquinamento: a livello globale, il turismo è, infatti, responsabile del 5% delle emissioni di gas serra, dove il trasporto copre la quasi totalità del contributo. E, secondo quanto riportato dall’UNEP (il programma ambientale delle Nazioni Unite), in assenza di una transizione ecologica la crescita del turismo internazionale genererebbe entro il 2050 un aumento del 154% nel consumo di energia, del 131% nelle emissioni di gas serra, del 152% nel consumo di acqua e del 251% nello smaltimento dei rifiuti solidi.
Attraverso il Mar Mediterraneo passa annualmente il 10% di tutto il traffico marittimo globale (EMSA, Equasis, 2022) e i principali porti, per tonnellate di beni movimentati nel 2022, sono stati Algeciras (81 t), Marsiglia (67 t), Trieste e Valencia (entrambi con 64 t), classificandosi fra i 10 principali porti dell’Unione Europea (Eurostat, 2022).
Il traffico container nel Mediterraneo è cresciuto in modo costante negli ultimi anni, raggiungendo i 100 milioni di TEU nel 2022, segnando un incremento del 7% rispetto al solo 2021. Questo incremento è dovuto a diversi fattori, tra cui l’aumento del commercio tra l’Europa e l’Asia, che passa attraverso il Mediterraneo, generato da una maggiore domanda di beni e servizi importati;
Il numero di navi in arrivo nei porti italiani è inferiore a quello registrato 20 anni fa (504mila nel 2022 vs. 531mila nel 2020), ma si tratta di navi mediamente sempre più grandi, complice il calo di quelle di piccole dimensioni (le navi con una stazza lorda inferiore a 1.000 sono diminuite do 51mila unità) e un contestuale aumento di quelle di medie dimensioni, mentre quelle più grandi, con una stazza lorda pari o superiore a 100.000 sono passate da 97 a quasi 2.500.
Tempo di agire
Di fronte a sfide come l’inquinamento, la sovrappesca e la perdita di biodiversità, la Comunità internazionale (Istituzioni comunitarie, governi nazionali, organizzazioni no-profit, etc.) sta intensificando i loro sforzi per cercare di preservare la salute del Mar Mediterraneo e scongiurare il concretizzarsi di scenari catastrofici: se continueremo con le nostre abitudini attuali nel 2040 riverseremo in mare 500mila tonnellate di plastica all’anno, più del doppio rispetto ad oggi.
Una delle iniziative più rilevanti in tal senso è Il Programma d’Azione per il Mediterraneo (MAP), istituito nel 1975 come accordo ambientale multilaterale nell’ambito del Programma dei Mari Regionali del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e recentemente rilanciato nell’ambito dei lavori di Cop23, nel corso del quale i Paesi contraenti e l’UE ha fissato nuovi e più ambiziosi obiettivi.
Obiettivi Cop23: tutela del Mar Meditterraneo
- Consolidamento della base informativo-statistica
- Implementazione del Programma d'Azione Strategico SAP-BIO
- Contrasto all'inquinamento da fonti terrestri
- Integrazione della sostenibilità nell'economia blu
- Rafforzamento azioni di comunicazione / sensibilizzazione
Nell’ambito delle attività di comunicazione e sensibilizzazione particolare enfasi è stata posta sui giovani, che rappresentano una risorsa irrinunciabile nella lotta al cambiamento climatico in virtù della loro spiccata attitudine all’attivismo civico: In Italia l’82% dei 15-30enni sta cercando di modificare le abitudini per minimizzare l’impatto del proprio stile di vita sull’ambiente; un su due (52%) dichiara di essersi impegnato in prima persona per cambiare la società (il quinto valore più alto in ambito UE anche se il differenziale tra i Paesi è estremamente ridotto); Dopo i diritti civili la tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico sono il secondo ambito di maggior impegno civico dei giovani (coinvolge rispettivamente 40% e 38% dei giovani “attivi”).
Fonte: Ufficio Studi Coop su fonti varie (WorldRise, WWF, IEMed, Eurobarometro, Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, UNEP/MAP)
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