Da uno studio del Pew Research svolto tra il 2002 e 2017 in 39 nazioni emergono due tendenze: da un lato internet e l’uso del cellulare si espandono nelle economie in via di sviluppo; dall’altro si registra uno stallo nei paesi già sviluppati. E dopo la diffidenza degli italiani nei confronti dei social, ora anche il possesso del mobile sembra diminuire

Nell’estate del 2002, stando al centro di ricerca statunitense Pew Reasearch, possedevano un cellulare il 79% degli italiani. A primavera del 2017 sono divenuti il 90%. Stiamo quindi parlando di una crescita, se non fosse che soltanto un paio di anni fa, nel 2015, il dato era al 95%. Questo emerge dalla ricerca “Social Media Use Continues to Rise in Developing Countries but Plateaus Across Developed Ones” pubblicata a giugno del 2018.

In sostanza secondo gli studi più recenti le economie ormai ricche si stanno in qualche modo allontanando dall’acquisto compulsivo di cellulare, mentre continua il trend di nuova affiliazione per quanto riguarda tutte quelle nazioni che sono in rincorsa. In Turchia per esempio, il possesso è passato dal 49% del 2002 al 96% del 2017. In Tanzania si è passati dal 10% del 2002 al 75% del 2017.

Un andamento simile a quello che riguarda l’uso di internet. In Italia, nel 2007, il 38% degli italiani intervistati sosteneva di utilizzare il web almeno occasionalmente, nel 2017 la percentuale è salita al 67%, registrando un calo rispetto al 2015 quando aveva raggiunto il record del 70%. Un trend simile ad altri paesi europei: in Gran Bretagna nel 2017 usa internet l’85% della popolazione, mentre nel 2016 era l’87%. Al contrario in Vietnam per esempio, si è passati dal 41% del 2014 al 60% del 2017.

Stando alla ricerca del Pew oltretutto, l’uso dello smartphone non è diffuso come penseremmo neanche nelle economie sviluppate. Nel 2017, il 25% degli intervistati in Italia dichiarava di non avere uno smartphone, intendendo con questo termine un cellulare che possa accedere ad internet o scaricare delle app. Un dato comunque in calo negli ultimi anni già che lo stesso fenomeno riguardava il 28% degli italiani nel 2016 e il 35% nel 2015.

Certo dopo l’elezione di Donald Trump, il doppio volto del web e dei social è stato svelato. Un alone di dubbio sull’affidabilità delle news on line che è stato nutrito anche dallo scandalo di Cambridge Analytica, società privata a cui Facebook ha venduto i dati di milioni di utenti per la diffusione di spot elettorali ad hoc. Come dimostra uno studio fatto da Ref Ricerche sui Google Trends tra il 2012 e il 2017, le frequenze delle ricerche on line è esponenzialmente cresciuto, quasi a voler compensare l’arrivo sugli schermi degli italiani di notizie non sempre considerate vere.