Come titolava il Corriere della Sera di pochi giorni fa, nel momento in cui leggete non sappiamo chi potrebbe essere ancora vivo o già morto. Una situazione in continua evoluzione, un terreno su cui è difficile intervenire, difficoltà a capire cosa accade: questa è l’emergenza della guerra in Ucraina in queste ore E l’incertezza è una delle emozioni più forti che l’ingresso dell’esercito russo nel territorio ucraino ha generato tra gli italiani. Lo conferma anche il recente studio condotto da Ipsos, a febbraio, per l’area studi Legacoop, Conflitto russo-ucraino e mood nel paese. Per il 68% degli intervistati proprio l’incertezza è l’emozione più presente in questa fase, seguita da speranza (45%) ma anche tristezza (43%) e dalla paura (39%) oltre che dalla rabbia (31%).
La stessa ricerca dimostra che oltre 9 italiani su 10 (94%) sono preoccupati per il conflitto russo-ucraino e sulle sue ripercussioni negative per l’economia italiana (95%). Oltre alla grande tragedia umanitaria, a generare il maggiore timore è l’aumento generalizzato dei prezzi (66%), la riduzione delle forniture di gas (56%), l’esplosione dell’inflazione e con questa l’aumento dei prezzi di beni di base come pasta, farine, pane e panificati (36%).
Ma sui rimedi domestici a questa situazione gli italiani si dividono. Più di un terzo (37%) pensa di fare risparmi e ridurre i consumi, un altro italiano su tre è convinto di perdere il proprio potere di acquisto (31%), più di uno su quattro è in apprensione per il valore dei propri risparmi (28%) e un altro italiano su quattro (26%) non farà viaggi all’estero con lo scopo di risparmiare qualcosa.
Le famiglie più preoccupate sono proprio quelle che già nella pandemia hanno pagato il prezzo più alto dei vari lockdown. Il ceto popolare è quello più in apprensione e il più determinato a ridurre i propri consumi e risparmiare, lo pensa il 44% degli intervistati che appartengono a questa fascia di reddito, contro il 37% della media del Paese e il 33% del ceto medio. Sempre il 36% del ceto popolare teme di perdere parte del proprio potere di acquisto (contro il 31% della media nazionale) e gli italiani più in apprensione per i propri risparmi sono quelli che ceto medio-basso (35% contro il 28% della media Paese), davanti al ceto popolare solo perché questo ha probabilmente già eroso il proprio gruzzolo durante la pandemia.
E il ricordo della guerra fredda sembra indelebile nelle menti degli italiani che intervistati da Ipsos per Legacoop, raccontano la loro paura di un salto indietro di 40 anni, quando le cantine venivano attrezzate come rifugi antiatomici o prima ancora a quando l’Italia scavava nel ventre delle montagne come il Soratte a 40 chilometri da Roma per costruire rifugi antiatomici in cui nascondere le più importanti cariche dello Stato in caso di attacco nucleare. Oltre 8 italiani su 10 temono l’inizio di una seconda guerra fredda (83%), che vengano danneggiate le centrali nucleari ucraine giù tristemente note alle cronache mondiali con Chernobyl (81%), che si usino armi chimiche o atomiche (80%).
Le istituzioni prendono appena la sufficienza nel voto degli italiani sulla gestione dell’intera questione. Ursula Von del Leyen se la cava con un 7,3, Macron che ha girato le cancellerie d’Europa nel tentativo di evitare l’inizio dell’avanzata russa, raggiunge il 7, il tedesco Scholz 6,8 e Mario Draghi 6,7. Insufficienti l’inglese Boris Jhonson 5,8 e lo statunitense Joe Biden 4,9. Non va meglio alle istituzioni con la UE ferma a un 6,8, l’ONU a 6,2 e la NATO a 5,7.
Proprio sull’ONU gli italiani ravvisano un’inadeguatezza degli strumenti a disposizione considerando il diritto di veto di alcune nazioni inattuale perché retaggio del secolo scorso (per il 74% degli intervistati), una forma di discriminazione (72%), una limitazione all’efficacia dell’ONU stessa (69%).
Il vecchio detto “se si discute, la colpa è sempre a metà” non vale per la situazione ucraina secondo gli italiani. Il 74% ravvede nelle azioni di Putin le responsabilità dello scoppio delle ostilità, solo il 34% chiama in causa la NATO e il 23% riflette sulla responsabilità dell’Ucraina rispetto alla sua richiesta di adesione alla NATO stessa o su quelle di Biden e degli USA per scelte di politica estera degli ultimi anni.
La soluzione a tutto questo per gli italiani passa da un impegno armato in prima linea nel conflitto solo come estrema ratio. La guerra sembra tra le opzioni più remote per i cittadini. Il 39% sceglierebbe di dichiarare l’Italia neutrale e di non intervenire per nessun motivo nel conflitto e quasi un intervistato su due (42%) considera plausibile un intervento armato italiano solo in caso di attacco di un paese Ue o NATO (e non è questo il caso dell’Ucraina come sappiamo). Nei prossimi mesi l’Italia dovrebbe impegnarsi in aiuti umanitari (54%), con interventi sui canali diplomatici ed economici (44%) come il congelamento dei beni degli oligarchi (39%) o il blocco degli scambi bancari (37%). Di nuovo le armi sono l’ultima chance. Solo il 19% valuta un sostegno alla resistenza ucraina per mezzo dell’invio di armamenti e solo il 15% ragiona su un intervento militare del nostro Paese, mentre il 10% ribadisce anche in futuro la neutralità del Paese. Nel terzo millennio, dopo l’unico secolo che ha assistito a due conflitti mondiali nei suoi 100 anni a memoria d’uomo, gli italiani al conflitto sostituiscono il dialogo, alle colonne di tank i corridoi umanitari, ai singoli Paesi gli organismi internazionali.
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