L’Istat ha diffuso le nuove stime sul rapporto tra i giovani e il lavoro. Stando ai dati, soltanto l’11,9% dei giovani ha ricevuto, nel 2015, una qualche forma di aiuto nella ricerca di lavoro da parte di una istituzione pubblica: il 13,8% degli occupati che hanno iniziato un lavoro negli ultimi 12 mesi, il 15,1% dei disoccupati e il 6,5% della forza di lavoro potenziale. In questo scenario 4 giovani disoccupati su 10, soprattutto laureati, sarebbero disponibili a trasferire per motivi di lavoro la loro residenza.
Gli italiani under 34 rimangono così tra i meno occupati di Europa. Schiacciati dalle riforme pensionistiche e dall’assenza di nuovi posti di lavoro, oggi potrebbero essere anche in competizione con macchine e robot che, nell’ottica dell’industria 4.0, si potrebbero andare a sostituire sempre più spesso all’uomo nel processo produttivo. Ma qual è il rapporto degli italiani con l’innovazione?
Come ha scritto Ref Ricerche già nel Rapporto Coop 2017, in realtà non temiamo le tecnologie del futuro ma anzi ne siamo appassionati. Stando alle ultime ricerche di Eurobarometro, 6 italiani su 10 sono convinti che l’intelligenza artificiale sia una cosa buona o molto buona per la società. Più di quanto non lo pensino gli inglesi (60%), i tedeschi (57%), gli spagnoli (56%) o i francesi (55%). Cinque italiani su 10 si farebbero operare da un robot chirurgo e la stessa quota si dice favorevole alle auto senza conducente. Sei su 10 riceverebbero in casa la spesa portata da un drone senza avere alcun problema e proprio gli italiani, non si sa se per un eccesso di incoscienza o di consapevolezza, sono tra i meno spaventati in Europa che una macchina rubi loro il lavoro: il 70% in Italia temono questo scenario, contro il 90% degli spagnoli o il 74% dei tedeschi.
L’intelligenza artificiale suscita anche molta curiosità. Dal 2013 a oggi le ricerche su Google sono quasi triplicate, dimostrando che gli italiani vogliono capire di cosa si parla e dove si sta andando. Stando a uno studio di Accenture, l’applicazione della robotica alla catena di produzione potrebbe portare a una crescita della produttività del lavoro del 40% entro il 2035. Se a questo si sommano l’ampio utilizzo di smartphone e app per gli usi più disparati e la sempre maggiore importanza di internet e dei big data, la strada della smaterializzazione della professione sembra più una certezza che una possibilità.
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