Materiali per la stampa
Clicca sul pulsante per scaricare i Materiali per la stampa del Rapporto Coop 2007 (settembre 2007)
Superata la metà dell’anno, il rientro dalla pausa estiva è tradizionalmente il momento in cui si traccia un primo bilancio dell’anno in corso e si allunga lo sguardo sugli anni a venire. È anche la stagione in cui si concentra il dibattito di politica economica in preparazione della legge Finanziaria.
Ancora una volta il Rapporto Coop ha inteso guardare a questa prospettiva con gli occhi del consumatore e, quest’anno con la collaborazione scientifica di Ref., spazia dai macrotrend dell’economia nazionale e internazionale agli effetti che queste evoluzioni determinano sul vissuto del consumatore, dai nuovi modelli di consumo alle modificazioni del tessuto distributivo e degli assetti competitivi del settore.
Il 2007 rappresenta per l’economia italiana un anno di consolidamento. Il recupero dell’attività economica ha beneficiato della favorevole congiuntura internazionale e del traino delle esportazioni. Più di recente un maggiore abbrivio ha contagiato i consumi, che sembrano usciti dalla lunga fase di stagnazione.
Ciononostante, è troppo presto per affermare che ci siamo avviati verso un robusto rilancio della domanda. La crescita della produttività del sistema è ancora troppo bassa per consentire ai salari reali, volano del potere d’acquisto delle famiglie, di aumentare a ritmi più elevati. E la domanda delle famiglie resta legata, almeno in parte, a elementi di carattere transitorio.
Fra questi, certamente negli ultimi anni ha avuto un ruolo di rilievo il ciclo fortemente espansivo della politica monetaria che ha permesso un vero e proprio boom dei mutui sulla casa e del credito al consumo. La dipendenza dei bilanci delle famiglie italiane dal livello dei tassi d’interesse resta ancora molto più bassa rispetto agli altri paesi industrializzati, ma, anche alla luce del nuovo atteggiamento restrittivo della Banca Centrale, non si può certo contare su questa leva per un’ulteriore spinta ai consumi. Anzi, qualche effetto contrario potrebbe venire dall’incremento delle rate dei mutui denominati a tasso variabile.
Appare, invece, un fatto consolidato la progressiva discesa della disoccupazione, molto marcata negli ultimi trimestri. Tale elemento sembra non aver esplicitato appieno i propri effetti positivi sull’innalzamento della propensione al consumo delle famiglie e quindi sulla ripresa della domanda interna. È probabile che la crescente diffusione dei contratti a termine e il non ancora compiuto funzionamento di un completo sistema di ammortizzatori sociali abbia sinora impedito alle famiglie italiane di vivere con maggiore serenità la maggiore flessibilità del mercato del lavoro.
Da ultimo, appare importante sottolineare che se nell’ultimo anno le famiglie italiane sembrano aver assorbito la stretta fiscale senza una evidente penalizzazione dei consumi, per il futuro una duratura ripresa della spesa non potrà prescindere dal progressivo rientro di tali pressioni e da una politica fiscale che favorisca maggiormente i consumatori, soprattutto quelli in maggiore difficoltà.
Infatti, la lunga stagione di crisi vissuta dall’Italia nella prima metà del decennio non ha avuto solo natura congiunturale ma ha prodotto modificazioni strutturali molto pesanti: oggi il nostro paese è tra i partner europei quello con i più alti indicatori di diseguaglianza ed esclusione sociale.
Le preferenze dei consumatori cambiano e tali cambiamenti sono guidati in alcuni casi dall’affermarsi di nuove tendenze, in altri sollecitati dalla variazione dei prezzi relativi, in altri ancora dettati da provvedimenti di politica economica, come le liberalizzazioni o l’apertura dei mercati internazionali.
Analizzando i principali capitoli di spesa, un fatto oramai acquisito la continua crescita dei servizi che hanno progressivamente “spiazzato” i consumi dei beni e coprono oggi quasi il 50% della spesa delle famiglie italiane.
Tra i beni, invece, negli anni recenti è cambiato il ruolo dei durevoli (prodotti come auto, mobili ed elettrodomestici) il cui budget di spesa, in passato soggetto a ampie oscillazioni cicliche, ha mostrato migliori capacità di tenuta. Ed ecco il ruolo dell’innovazione che ha contribuito ad affermare nuovi bisogni e contrastato le tendenze spontanee alla caduta della domanda: si pensi al caso dell’elettronica di consumo. Di queste nuove tendenze sono interpreti non solo i cellulari e i notebook ma anche, più di recente, lettori mp3, navigatori satellitari e televisori a schermo piatto. In questi segmenti il crescente ricorso al credito consumo ha sostenuto la spesa e attenuato o trasferito su altri ambiti l’impatto della stagnazione economica.
Altre voci di spesa, come l’alimentare e il vestiario, tradizionalmente meno esposte al “cambiamento” lo divengono sempre più ed evidenziano un crescente atteggiamento prociclico che sembra contraddire i paradigmi interpretativi più tradizionali.
Infine, rimane alto nel paniere dei consumi delle famiglie il ruolo giocato dalle spese per l’abitazione. Anzi, l’incremento del costo del danaro – e quindi delle rate dei mutui – e il nuovo incremento del costo dell’energia domestica ha determinato una ulteriore crescita di questo capitolo di spesa.
Il consumatore moderno dispone di opportunità di consumo sempre più ampie sia in termini di nuovi prodotti che di prezzi differenti. Tali opportunità gli consentono di comporre con maggiore flessibilità il proprio paniere di consumo scegliendo volta per volta di risparmiare risorse e poter d’acquisto in un segmento e investire le risorse così recuperate per soddisfare bisogni nuovi ed emergenti. Tutti questi cambiamenti trovano un paradigma comune nella crescita dei bisogni da soddisfare e in una penetrazione sempre maggiore in tutti gli strati sociali dei consumi associati a tali bisogni. Tanto da far sì che tali nuovi consumi (telefonia, prodotti tecnologici, viaggi, ristorazione extradomestica, servizi alla persona, solo per citarne alcuni) si affermino sempre più come consumi di nuova necessità e inclusione sociale.
In questa logica, nelle scelte di acquisto prodotti assolutamente basici (low cost & no frills) convivono con prodotti di lusso accessibile (light luxury) e contemporaneamente devono trovare spazio i prodotti necessari a rispondere ai nuovi bisogni (the next thing). Tali fenomeni non sono contraddittori ma anzi complementari: solo la presenza di prodotti a costo contenuto alimenta la domanda per prodotti di lusso e allo stesso modo l’apparizione di nuovi prodotti impone un maggiore ricorso a prodotti più economici.
Questo processo, proprio di tutte le società evolute, trova una specifica declinazione nell’attuale contesto socio economico italiano. Infatti, in una situazione di consumi stagnanti e con una crescente divarizione dei redditi questi processi hanno subito una accelerazione ulteriore e si sono scaricati solo su quei settori dove la maggiore concorrenza ha permesso una evoluzione in questa direzione del mercato (l’alimentare, l’abbigliamento, l’elettronica di consumo, la grande distribuzione, il trasporto aereo, …).
Altri settori, meno soggetti alle ferree regole della concorrenza non hanno contribuito nella stessa misura a valorizzare il potere d’acquisto del consumatore e hanno quindi solo beneficiato di questo processo.
Quando questi settori (la finanza, l’energia, i trasporti, …) potranno giovarsi di una rinnovata concorrenza e di meccanismi che mettano il consumatore al centro del mercato sarà possibile recuperare quelle risorse necessarie a dare una nuova spinta alla ripresa dell’economia italiana.
In questo contesto, ancora una volta il settore del largo consumo costituisce un laboratorio privilegiato per osservare da vicino queste dinamiche. In questo settore più che in altri, infatti, la polarizzazione dei consumi appare più netta e i nuovi trend si affermano con maggiore rapidità.
Convenienza, prezzo, risparmio sono concetti che convivono e anzi rafforzano altri paradigmi come servizio, innovazione, qualità, benessere in un sistema che si bilancia proprio mediante la divaricazione di tali esigenze.
E questa dinamica riguarda naturalmente anche i canali e i formati distributivi. Alle grandi superfici despecializzate (grandi magazzini e ipermercati) si affiancano formati più innovativi e di maggiore specializzazione sia del non alimentare che dell’alimentare stesso (il superstore).
Nella distribuzione alimentare certamente il fatto nuovo è il sorprendente ritorno dell’esercizio di vicinato che nel primo semestre del 2007 ha visto crescere le vendite ad un ritmo addirittura superiore a quella della grande distribuzione. Questo canale dato troppo presto per obsoleto sembra essere riuscito a reinterpretare con rinnovata “modernità” la dimensione di prossimità e l’appartenenza a network organizzativi più efficienti.
Nella grande distribuzione cresce ulteriormente la tensione competitiva e la competizione si sposta quindi definitivamente in una dimensione intra-canale: a parità di punti vendita, le vendite della Gdo sono, infatti, in pesante diminuzione e il fatturato mantiene saldi positivi solo grazie alla crescita della rete.
Dalla riforma del ’98 molto è cambiato, anche lungo linee che non ci si aspettava. Certo oggi alle nuove domande delle famiglie il sistema commerciale deve rispondere con una rinnovata spinta innovativa che lo faccia evolvere con più decisione da semplice distributore di merci a vero interprete dei bisogni del consumatore.
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