Come descritto dal Rapporto Coop 2016, in dodici mesi gli italiani sprecano tra i 20 e i 30 milioni di tonnellate di alimenti. Cinque di questi provengono dalla così detta “fase a valle del consumo” e cioè dalle tavole delle famiglie italiane.
A livello domestico, nel nostro paese, si spreca mediamente il 17% dei prodotti ortofrutticoli, il 15% del pesce e il 30 per cento di pasta, pane, uova e latticini
Una quantità di cibo che potrebbe sfamare 600 mila persone. Secondo uno studio condotto dal Politecnico di Milano, ogni anno buttiamo circa 8 miliardi di euro in cibo, lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo.
Certo il 60% di ciò che viene buttato, proviene in realtà dalla fase che precede la messa in commercio. Ma questo non solleva i consumatori dal tentare di buttare il meno possibile. Una sensibilità, quella antispreco, che sembra già ben radicata negli italiani, più che tra i colleghi europei.
Come riporta il Rapporto Coop che ha elaborato i dati Eurostat, in Italia ogni persona butta via circa 164 chili di alimenti in un anno
Fanno meglio di noi soltanto la Gran Bretagna (161) e la Danimarca (156), mentre siamo migliori dei cittadini del Nord. Ogni svedese butta 187 chili di cibo in dodici mesi, i norvegesi 184 chili e i finlandesi 180. E anche Spagna, Germania e Francia non hanno performance migliori delle nostre.
E come si può evitare di buttare cibo in casa? Come spiegato nel Rapporto Coop, l’Osservatorio Waste Watcher ci aiuta a trovare i punti deboli della catena. Un responsabile su due della spesa delle famiglie italiane, ha delle difficoltà a tarare gli acquisti rispetto alle effettive esigenze del nucleo, mentre il 38 per cento ha qualche inciampo sulle corrette modalità di conservazione dei prodotti deperibili. Come risolvere?
Otto italiani su dieci sono convinti che la lotta allo spreco sia una priorità valoriale
Poi, app, siti e piattaforme on line potrebbero venirci in aiuto. Alcuni siti si occupano della distribuzione del pane avanzato da panetterie e negozi di quartiere; delle applicazioni per smartphone ci avvertono quando dei cibi si avvicinano alla scadenza; i social ci permettono di proporre ai nostri “amici” dei cibi da condividere prima del deterioramento.
Anche il governo sta facendo la sua parte. Come si legge nel Rapporto Coop 2016 a sei mesi di distanza dall’approvazione di un analogo provvedimento in Francia, il Parlamento italiano è intervenuto per disciplinare lo spreco alimentare. Il testo, approvato nel mese di agosto 2016 al Senato, introduce una serie di novità significative: definisce per la prima volta nell’ordinamento italiano i termini di “eccedenza” e “spreco” alimentari, fa maggiore chiarezza tra il termine minimo di conservazione e la data di scadenza e mira a semplificare le procedure per la donazione da parte dei grossisti e dei distributori, nel rispetto delle norme igienicosanitarie e della tracciabilità. Rispetto alla norma approvata in Francia, che si basa sulla penalizzazione, quella italiana punta sugli incentivi e sulla semplificazione burocratica, consentendo ad esempio la raccolta dei prodotti agricoli che rimangono in campo e la loro cessione a titolo gratuito.
Anche per i consumatori si avvicina un cambiamento epocale: al fine di ridurre gli sprechi alimentari nel settore della ristorazione, è permesso ai clienti l’asporto dei propri avanzi con la “family bag”. Un modo, già sperimentato in molti altri Paesi di tradizione anglosassone. Se non sprecare sta divenendo parte integrante dello stile di vita della famiglia italiana, la “family bag” è una prima efficace risposta.
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