In Italia, il dibattito pubblico sul riconoscimento e sui diritti della comunità LGBTQIA+ è sempre più vivo e acceso. Tuttavia, nonostante la crescente visibilità del tema, le informazioni disponibili sulle persone che ne fanno parte restano sorprendentemente limitate e riconducibili in via quasi esclusiva a poche rilevazioni campionarie, spesso sporadiche e datate, che ne offrono una rappresentazione frammentaria e probabilmente sottodimensionata.
Una comunità che conta oltre mezzo milione di individui
Fatta questa premessa, che vuol essere anche un invito alle Istituzioni ad intensificare i propri sforzi nel presidiare quest’ambito di analisi, sulla base delle più recenti rilevazioni campionarie (Istat, Ipsos), il team dell’Ufficio Studi Coop in collaborazione con Arcigay ha stimato in oltre mezzo milione il numero di 18-74enni che, in Italia, dichiarano un’identità di genere non conforme (non binaria, fluida, cisgender, agender…), pari all’1,5% della popolazione di riferimento.
La stessa percentuale varia, tuttavia, in relazione all’età, raggiungendo il picco nella fascia 18-24anni (4-5%), per poi scendere al 2-3% tra i 25-44enni e a meno dell’1% tra i 45-74enni.
- 18 - 24 anni 4-5%
- 25 - 44 anni 2-3%
- 45 - 74 anni <1%
Nota sui minorenni
Le indagini su base campionaria non intercettano le persone minorenni, dove si registra una crescente esplorazione di identità fluide, secondo ricerche qualitative e dati scolastici internazionali (es. Save the Children, Unicef).
Italia in ritardo su diritti e tutele
Sebbene numerosa e in crescita (gli iscritti ad Arcigay sono aumentati del 34% tra il 2022 e il 2025), per la comunità LGBTQIA+ che vive nel nostro Paese la strada verso la piena integrazione è ancora molto lunga, segnata da conquiste importanti ma anche da resistenze culturali che ne rallentano il cammino.
Il Rainbow Europe Index, che misura il livello di integrazione della comunità LGBTQIA+ in 49 Paesi europei, attribuisce, infatti, all’Italia un punteggio di 32% su una scala da 0% (massima discriminazione) a 100% (piena uguaglianza). Uno dei punteggi più bassi tra quelli registrati nell’Europa occidentale, ben lontano dagli standard dei Paesi più virtuosi (Malta, Belgio, Spagna, Francia e Danimarca) e su cui pesa, tra gli altri, l’assenza di una legge contro l’omotransfobia e la mancanza di pieno riconoscimento per famiglie LGBTQ+.
Rainbow Europe Index (Valori Indice)
TOP
BOTTOM
Accettati dai più, ma non al sicuro
Affinché la società civile possa compiere un salto di qualità tangibile nell’ottica di una piena integrazione e tutela della comunità LGBTQIA+ il cambio di passo deve essere culturale oltre che normativo. Anche da questo punto di vista lo scenario è in chiaro-scuro. Il 74% degli italiani ritiene, infatti, che l’omosessualità dovrebbe essere accettata dalla società. Una percentuale indubbiamente alta, ma ancora lontana da quella rilevata nei Paesi ai vertici della classifica in quanto ad accettazione (Svezia, Spagna, Canada).La mancata piena accettazione sociale alimenta inevitabilmente i pregiudizi che, a loro volta, nelle sue manifestazioni più estremiste sfociano in crimini d’odio, atti di discriminazione e violenza fisica (241 nel solo 2023, +33% rispetto al 2022) e gravi episodi di omofobia e transfobia (oltre 100 l’anno secondo l’Arcigay che, tuttavia, rileva come il fenomeno sia fortemente sotto denunciato).
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