Gli ultimi dati dicono che nel 2015, 107.529 italiani sono espatriati. Un incremento di iscrizioni all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) del 6,2% rispetto al 2014. Un connazionale su 12 insomma, oggi vive in un’altra nazione e sono soprattutto i più giovani che se ne vanno. Si tratta di un vero e proprio salto indietro nel tempo. Come scrivevamo nello speciale “Un secolo di Italiani”, prima della crisi economica, era dal 1975 che il dato degli espatriati non raggiungeva numeri a tre cifre. Stando alle nostre ricerche, l’anno appena trascorso può essere paragonato al 1946, quando, appena conclusa la seconda guerra mondiale, 110 mila italiani prepararono le loro valige e lasciarono il paese.
Nella storia dell’Italia che attraversa il Novecento, c’erano già stati veri e propri esodi. I contadini analfabeti e poveri che popolavano le campagne all’inizio del secolo scorso, spesso avevano abbandonato tutto in cerca di fortuna all’estero. Nel primo ventennio del 1900, oltre 2 milioni di italiani avevano attraversato l’Oceano Atlantico a caccia di una chance negli Stati uniti d’America. Nel ventennio fascista il flusso si era ridotto, senza però intaccare il traffico verso la Francia, dove erano arrivati e stavano arrivando circa 3 milioni di connazionali. Poi la guerra fermò tutto, ma già nel 1946 gli italiani ritornarono a migrare, con punte oltre i 300 mila espatri a metà anni ‘50 e inizio anni ‘60. Niente più attraversamenti transoceanici però, la meta era divenuta l’Europa, le nazioni a noi più vicine come la Francia, la Germania o la Svizzera. Fino agli anni ’70 hanno lasciato l’Italia alla volta della Francia, 3 milioni e mezzo di concittadini. Hanno scelto la Svizzera, oltre 3 milioni di italiani e 2 milioni e 200 mila sono migrati verso gli Stati uniti d’America, così come quasi due milioni si sono spostati in Germania. Oltre a queste, ci sono Gran Bretagna, Argentina, Brasile, Canada o Australia, tra le nazioni che ospitano i 4.811.163 italiani che al 1 gennaio 2016 erano iscritti all’Aire.
Alcune delle nazioni dove sono espatriati gli italiani nel Novecento
ANNI Francia Germania Svizzera Stati Uniti
1901-1910
572.616
591.044
655.668
2.329.451
1911-1920
664.487
285.073
433.502
1.566.782
1921-1930
1.132.645
14.732
148.584
464.449
1931-1940
213.783
58.103
85.859
114.636
1941-1950
192.068
15.217
313.775
66.048
1951-1960
592.492
160.513
745.031
193.459
1961-1970
206.687
745.848
1.021.033
166.961
1971-1980
61.355
347.035
344.019
82.800
1981-1990
43.133
224.917
147.449
37.294
1991-2000
34.000
128.118
75.351
35.763
E come riportato nel rapporto “Italiani nel mondo”, redatto ogni anno dalla Fondazione Migrantes che fa capo alla Cei, il problema è che nel 2015 se ne sono andati i più giovani. Il 36,7% degli espatriati lo scorso anno, ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Ragazzi che hanno studiato in Italia quindi, ma che vanno a cercare lavoro all’estero, dove forse stabiliranno anche la loro famiglia. Un grande problema per un’Italia che, come è scritto anche nel Rapporto Coop 2016, continua inesorabilmente a invecchiare. Stando alle ultime proiezioni delle Nazioni Unite sull’andamento demografico della popolazione, nel prossimo secolo l’Italia non crescerà ma anzi arretrerà. Con un crollo tra i più grandi d’Europa. Se oggi siamo circa 60 milioni, nel 2050 saremo 56 milioni e nel 2100, appena 50 milioni. Meno 20% in circa 80 anni. E il calo è già iniziato. Nell’ultimo anno, per la prima volta, sono mancate all’appello 140 mila persone.
Gli immigrati tamponano in parte l’emorragia. Secondo il Censis, senza il contributo degli stranieri, in Italia ci sarebbero 2,6 milioni di studenti in meno e quindi 68 mila docenti in esubero. Stando al Rapporto Coop 2016 che ha elaborato i dati dell’Inps, ogni anno i residenti non cittadini italiani versano 8 miliardi di contributi, ne ricevono 3 in prestazioni previdenziali, il che fa sì che ne lascino 5 nelle casse dello Stato. E l’Italia oltretutto, inizia ad essere anche meno attrattiva per loro. Dopo la crescita di arrivi e richieste di soggiorno di inizi anni 2000, il flusso si è arrestato e, come dimostra il Rapporto Coop, è ormai stabile intorno ai 5 milioni di residenti.
Nonostante il suolo europeo non viva una guerra da ormai 60 anni, i 9 anni di crisi economica hanno riportato l’Italia nelle condizioni del secondo dopoguerra. Le nuove generazioni se ne vanno e chi resta non ha un lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile, cioè quello che riguarda proprio la generazione che emigra, a dicembre 2015 secondo Eurostat, è al 37,9% , il terzo più alto d’Europa. Ci batte soltanto la Grecia, gravata dal piano di salvataggio che nel 2015 ne ha evitato il default, e la Spagna che da nove mesi ormai non ha un governo.
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