La crisi economica ha sottratto agli atenei italiani quasi 60 mila studenti in 12 anni, ma oggi le immatricolazioni tornano a crescere. L'unica regione d'Italia che incrementa i suoi iscritti è il Piemonte, mentre Perugia e L'Aquila sembrano ancora prigioniere del loro passato.

 

Stando ai dati dell’Anagrafe Studenti Universitari del Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca, dal 2003 a oggi sono scomparsi quasi 60 mila studenti universitari. Un’emorragia che si è fermata solo di recente. Negli ultimi due anni accademici il numero delle immatricolazioni è cresciuta. I diciottenni e i diciannovenni tornano sui banchi d’Ateneo con aumenti dell’ 8,9% e del 2,1% rispetto al 2003-2004. Le nuove leve scelgono soprattutto le materie scientifiche (+3,6% in 12 anni) a scapito di quelle sociali che registrano dei vuoti (-29,9% dal 2003).

La mobilità interna cresce in un’unica direzione: da Sud verso Nord

 Su quattro studenti nati al Sud e nelle Isole, solo tre rimangono a studiare vicino casa, mentre uno se ne va. Al Nord Ovest invece, su 100 ragazzi, ben 92 restano vicino alla famiglia e sono circa 90 quelli che lo fanno sia al Centro che al Nord Ovest. E proprio queste ultime sono le Università più attrattive per quasi uno studente su 3. Le meno gettonate invece sono quelle del Nord Est, che non raccolgono neanche 20 studenti su 100. A metà strada si posiziona il Centro che accoglie quasi uno studente su quattro e il Sud che supera i grandi Atenei di Bologna e Venezia, riuscendo a calamitare più di uno studente su 5.

La crisi economica ha in parte contribuito alla fuga dagli atenei italiani, ma nonostante la ripresa, i segni si fanno ancora vedere. Nel 2014-2015 una sola regione in tutta Italia ha incrementato i suoi iscritti rispetto a 12 anni fa: il Piemonte. Qui, nel 2003/2004  gli immatricolati erano 17 mila 845 e sono 19 mila 799 oggi. Crollano invece quelli della Sicilia – 52,7% e quelli dell’Umbria -41,1%.

In Calabria uno studente su due se ne va a studiare al Nord. In Piemonte più di 8 su 10 restano nella loro regione

In Calabria, quasi uno studente su due se ne va di casa per andare a studiare in Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia. I pugliesi sono i più mobili con il 47 ragazzi su 100 che si spostano verso Abruzzo e Lazio, Marche, Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia. Maglia nera per Basilicata e Valle d’Aosta che raccolgono rispettivamente lo 0.3 e 0.1% delle immatricolazioni. Fuori tendenza invece la Campania, che probabilmente grazie ai suoi grandi atenei napoletani, tiene nella regione l’83.6% degli immatricolati, unica con percentuali di questo tipo al Sud. Tiene anche la Sardegna, forse per la distanza dal “continente”, che conquista l’81.1% dei nuovi arrivi tra i suoi corregionali.

Ma chi sono gli assenti?

A mancare sono soprattutto i 46.461  immatricolati sopra i 23 anni che associavano lo studio al lavoro. Nel 1999 il decreto ministeriale 509 permise a molti professionisti di iscriversi all’Università trasformando il proprio lavoro in crediti formativi. Ogni Ateneo decideva in autonomia quanti punti assegnare fino a coprire anche i due terzi del totale necessario per il raggiungimento della laurea. Poi dal 2006 è cambiato il meccanismo e dopo vari ridimensionamenti,nel 2012 si è arrivati ad un tetto massimo di 12 crediti. Una quantità molto meno allettante per chi deve dividere il proprio tempo tra la professione e gli studi. Alle assenze degli studenti lavoratori, si aggiungono quelle dei diciottenni e dei diciannovenni che non si iscrivono all’università. Meno di un ragazzo su due, che ha in mano un diploma, sceglie di proseguire gli studi e neanche 1 su 3 di coloro che hanno 19 anni.

Scompaiono gli studenti lavoratori over 23 e i 18-19enni. Nel 2011-2012, solo il 47,3% dei 18-19enni con Maturità si sono immatricolati

I difficili casi di Perugia e L’Aquila. Quando i media e le emergenze fanno paura

Il 27 marzo 2015 i giudici della Corte di Cassazione hanno assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito per non aver commesso l’omicidio della studentessa britannica Meredith Kercher. Quel giorno, per un attimo, l’Italia è tornata in quella villetta di via della Pergola, dove avvenne l’omicidio quasi 15 anni prima. Allo stesso modo, quando il 6 aprile scorso, le campane delle chiese de L’Aquila hanno suonato in memoria delle vittime del sisma del 2010, le immagini della Casa dello Studente ridotta in briciole dalla scossa sono tornate davanti agli occhi degli italiani. Ma questi eventi possono condizionare, anche a distanza di tempo la vita degli atenei italiani? Sembrerebbe di sì.

All’ Università per Stranieri di Perugia, la media di iscritti all’ inizio degli anni 2000, era intorno ai 300 immatricolati. C’era stato un picco nel 2005-2006 con 561 neo iscritti, ma nel 2006-2007 gli arrivi erano di nuovo 317 e 346 l’anno accademico successivo. Il 1 novembre del 2007 però, Meredith Kercher viene uccisa nella villetta di via della Pergola, vicino all’Università per Stranieri e subito arrivano giornalisti da tutto il mondo. Un’attenzione che la città sembra pagare a caro prezzo. Dal 2008 le iscrizioni al l’Università per Stranieri iniziano a calare. Sono 260 circa nel 2008-2009 e 2009-2010, 121 nel 2013-2014 e 116 nel 2014-2015. I dati del 2015-2016 non sono ancora disponibili ma rimane comunque profondo il solco delle assenze di questi 8 anni.

Un caso simile è successo a L’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009, in cui persero la vita 309 persone tra cui gli otto ragazzi rimasti sotto le macerie della Casa dello Studente. L’impatto degli abbandoni è fortissimo nel primo anno. A 5 mesi dai crolli, si immatricolano 2892 ragazzi, contro i 4085 dell’anno precedente. Nel 2010-2011, a quasi un anno e mezzo del 6 aprile, gli immatricolati salgono a 3402 e la crescita prosegue fino al 2013-2014 quando i nuovi libretti emessi dall’ateneo raggiungono i 3678. Ma è il massimo della crescita. Nel 2014-2013, la crisi impatta sulle iscrizioni alle Università italiane, a questa si somma il ritorno al pagamento delle tasse universitarie da cui gli studenti erano stati esentati per i cinque anni post terremoto, e così gli immatricolati aquilani calano di nuovo fino a quota 2221 nuovi iscritti.

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